mercoledì 27 novembre 2013

IL LUOGO IN CUI VIVERE E COSTRUIRE QUALCOSA


A volte, quasi senza riflettere troppo, mi chiedo perché vivo a Cherasco, perché ho deciso di mettere radici qui e cosa ancor più inspiegabile, perché ho aperto uno spazio d'arte contemporanea. A Cherasco. Una cittadina di 7000 persone, dentro le mura (qui si usa fare questa distinzione, fuori mura, dentro le mura) 3000.
La cosa interessante è che questa è stata una delle poche, anzi, pochissime scelte istintive che ho fatto. Da quel momento in poi un disastro: solo scelte istintive. Mi avrà forse stregato questa città? Forse.


Oggi, come si è capito, divago un pochino, ma nemmeno poi tanto. L'arte è stata La Scelta della mia vita, ma che dico "scelta", è stato un percorso semplice e naturale...Forse cominciato dalla prima infanzia, quando ciò che amavo di più erano gli album da colorare che mia mamma mi comprava e i pastelli per colorarli. E poi ovunque fossi mi attiravano i quadri, i disegni, i poster, le foto...ma anche solo il colore dei muri di una stanza o le carte da parati. O i pattern delle mille stoffe che mia mamma aveva dappertutto, in ogni cassetto o baule della casa.

Ma non perdiamo il filo...La città in cui vivi e in cui decidi di lavorare, facendo qualcosa di nuovo sperimentando e mettendo in gioco gli anni decisivi (?) della tua vita: importante no? E io l'ho scelta così, a istinto. Un giorno che ho visto la scritta “affittasi”sotto i portici e c'era il sole a illuminare tutto intorno...Mi sarei immaginata che ci sarebbero stati inverni freddi e “bui”, periodi di desolazione, vuoti e sterili? No, certo. L'entusiasmo quando arriva ed è forte non prevede lati oscuri, almeno per me. 




Niente, quel giorno avevo deciso e così è stato.
Ma a ben vedere, a pensarci bene io SO perché vivo qui e continuo a restarci. Essendone convinta e serena (almeno la maggior parte delle volte). Perché qui tutto mi parla: i muri vecchi, scusate, forse meglio dire antichi. Gli enormi alberi dei viali che portano al castello si intrecciano sulla cima e mi proteggono da tutto. I bastioni sono il mio punto di vista, il mio orizzonte per respirare, per non soffocare di fronte alla pochezza e alla pesantezza di certi periodi. La mia bussola sono le vie a scacchiera, che poi sono molto simili e spesso fai quasi finta di perderti. I campanili delle chiese, che puntano verso il cielo, in qualche modo mi fanno scoprire una Fede, che anche se non è quella ufficiale, c'è. Il profumo di mosto che c'è adesso, quello dolce quando il fornaio ha fatto le brioches piacciono a me... 











Tutto questo ha un senso ed è in sintonia con il mio lavoro e con la mia quotidianità. Molti artisti scelgono di esporre qui, anche da molto lontano. Forse questa città è davvero stregata? 
Oppure io, stregata da questa città, incanto con i miei racconti gli artisti e li convinco a venire qui?

Non lo so, ma da quel giorno che ho letto quelle righe, che scoperto “evvivanoé” tra le pagine di un libro*, non sono stata più la stessa. E ho capito che il mio cuore era qui che voleva stare, a cominciare qualcosa di bello e di tremendamente difficile, ma che qui deve essere.







 * "Tra le mura stellate" Gina Lagorio



,

lunedì 18 novembre 2013

STORIE DI ALLESTIMENTI DIFFICILI MA BELLI: QUANDO LO SPAZIO FA PARTE DEL GIOCO




La parte più bella di questo lavoro coincide spesso con l'aspetto più complicato. L'ho notato spesso e continuo a non capacitarmene, ma è così. Troppo facile allestire una mostra nel "tuo" spazio, quando lo conosci bene, sai esattamente quali sono i suoi punti di forza e i limiti e ormai i tuoi gesti sembrano automatici. Prendi la scala, prendi i ganci adatti, sposti le luci, ecc. Certo, la componente variabile sono le opere: loro danno il senso a tutto quello che stai facendo; loro devono emergere come vere protagoniste, loro guidano le tue scelte o semplicemente le ispirano.
Ma se il luogo da allestire fosse un altro? E per di più fosse sconosciuto, assomigliasse più a un cantiere in costruzione senza alcuna comodità e alcuno spunto dal quale partire? Allora sì che la sfida si fa dura. Ma anche interessante.

Mi è capitato di avere la fortuna di allestire una mostra a cui tengo molto (a dire la verità, una parte, non tutti i quadri) in un luogo - non luogo, quel genere di posti affascinanti perché non sono ancora quello che dovranno diventare, ma non sono più ciò che erano prima. 
Muri grezzi, niente luci, mille altre incognite da verificare una volta arrivati e da risolvere (e anche in fretta).

Prima cosa da fare: capire qual è il potenziale di questo posto.
Seconda cosa da fare: capire come trasformare i difetti in pregi, le mancanze come punti da cui partire per creare qualcosa di concreto.

Il posto aveva l'aspetto di un cantiere in costruzione. Quindi ho sottolineato questo stile, esasperandolo un pochino. Ok la fortuna è stata dalla mia parte: le opere di André Lundquist, da subito, mi sembrava dialogassero con lo spazio in modo piuttosto intrigante. 
Visto che si tratta di una "temporary exhibition" con vetrine ma chiusa al pubblico, ho sfruttato lo spazio in primo piano oscurando il retro con l'aiuto di due grossi teli scuri, appesi al soffitto a mo di sipario. 
Ho reso molto buia la parte retrostante, mi serviva più luce sulle 7 opere esposte di fronte.





Per illuminare ho utilizzato i fari da cantiere muniti di timer. Li ho lasciati bene in vista, esposti su un grande rocchettone di filo per elettricisti, da cantiere anche questo, ridipinto di bianco. 
Le luci sono a led, consumano poco e diffondono una luce pallida e "lunare". 





Per enfatizzare l'effetto "work in progress" ho poi utilizzato dei cartoni da imballaggio per spiegare di cosa si tratta: nome dell'artista, contatti e schizzo dell'artista (anche qui, uno degli scatoloni da imballo era stato ultilizzato da André Lundquist per un bozzetto. Io l'ho trovato perfetto).





Che dire? Il risultato lo lascio giudicare a chi guarda la mostra. Certo, i problemi sono molti in questi casi.
Ma anche le opportunità in più.

Fino a data ancora da definirsi, le opere di André LUNDQUIST sono lì. E anche lì sono molto, molto belle.












giovedì 7 novembre 2013

PIERO RASERO IN MOSTRA FINO AL 1 DICEMBRE: IL 16 NOVEMBRE IL DOCUMENTARIO ALL'ENOTECA





La personale di Piero Rasero da Evvivanoé è cominciata e andrà avanti fino al 1 dicembre. 
Tutti i week end l'artista sarà sempre presente in galleria per tutti coloro che desiderano incontrarlo e scambiare qualche impressione con lui. 
Come già ho anticipato nell'ultimo post, questa mostra è distribuita su due sedi: qui da Evvivanoè, naturalmente, e all' ENOTECA PALAZZO MENTONE, in via Vittorio Emanuele 120. 

Consiglio vivamente di fare un salto a visitare anche questo allestimento "alternativo". Il luogo è molto caldo e accogliente e in più, il 16 novembre, si trasformerà in una "sala proiezioni"! :) 
Il documentario "Visioni d'artista" del regista e documentarista Stefano Scarafia verrà trasmesso a partire dalle 17. 
Per l'occasione i visitatori potranno degustare il Dolcetto d'Alba Ciabot Brusà 2012 della Cantina Fracassi di Cherasco. Sarà senz'altro una piacevole serata!